mercoledì 21 marzo 2012

Idee per un Remake #2: Six-String Samurai

Tempo fa scrissi questo post, pensato come il primo di una serie. Per chi non ha voglia di leggerselo: come mero giochino cinefilo avevo scelto un film mediocre ma con una bella idea di fondo di cui mi piacerebbe vedere un remake coi contro cazzi. Sono passati due anni. Nel frattempo nessun produttore ha voluto realizzare il remake di RoboJox e il sottoscritto non ha voluto scrivere altri post del genere. Anzi non ha voluto proprio scrivere post.

La questione è tornata di estrema attualità l’altro giorno: mia madre, intenta nelle pulizie per l’acqua santa, ha riportato alla luce dalle profondità di casa mia il DVD di Six-String Samurai.

Six-String Samurai è un misconosciuto post-atomico del 1998 . Come ogni post-atomico che si rispetti si apre con una didascalia che ci informa quale sciagura si è abbattuta sulla terra a questo giro: nel 1957 l’URSS ha sferrato un attacco nucleare sul suolo americano, riducendo gli USA ad una landa desolata sotto il controllo sovietico. L’ultimo baluardo della libertà e dell’american way of life è Las Vegas , ribattezzata Lost Vegas, di cui Elvis Presley è stato incoronato Re.

Passano quarant’anni ed Elvis muore: decine di chitarristi si incamminano verso Lost Vegas per rivendicare il trono in una battaglia senza esclusione di colpi. A concorrere per il trono c’è anche Buddy, un rocker conciato come Buddy Holly (che l’avrebbe mai detto?), bravo non solo con la chitarra m anche con la katana che si porta sempre appresso. Lo accompagna un ragazzino senza nome a cui Buddy ha salvato la vita.

Ogni persona ragionevole penserebbe che un film che parte da queste premesse non può che essere un capolavoro dell’arte cinematografica. C’è tutto ciò che si può desiderare: influenze dal western come dal chanbara giapponese (in particolare la serie Lone Wolf & Cub), un pizzico kung fu nella scena iniziale,un certo gusto per l’assurdo e soprattutto il rock n’ roll.

Purtroppo tutti questi spunti vengono vanificati da una messa in scena tremendamente povera che mortifica molte trovate che sarebbero altrimenti riuscite. Anche la sceneggiatura latita, troppo episodica pure per un racconto picaresco come questo, anche se come ho scritto non mancano trovate interessanti: tra le molte insidie che si pongono tra Buddy e il suo piccolo amico e Lost Vegas vi sono famiglie cannibali, sicari vestiti da giocatori di bowling, truppe sovietiche ancora in assetto di guerra e niente meno che la Morte stessa, rappresentata come una versione non-morta di Slash. Proprio quest’ultimo incontro è una delle scene più riuscite del film: la Morte che tartassa Buddy urlando “soccombi al potere dell’Heavy Metal!”.

Tutto ciò non basta a riscattare la pellicola che all’epoca fu un vero disastro. Il film costò due milioni di dollari ma ne guadagnò solo 124,494 nei pochi cinema in cui venne proiettato. A poco servirono i premi vinti allo Slamdance Film Festival o le recensioni positive ricevute su riviste come Fangoria. Lance Murgia aveva concepito il film come primo capitolo di una trilogia mai realizzata e dovettero passare sette anni perché tornasse a girare un film.

Come già detto anche questo film sarebbe un ottimo punto di partenza per un remake, soprattutto in questo momento in cui la post-apocalisse sembra essere tornata a fare presa sul pubblico, basti pensare alla quantità di videogiochi con ambientazioni simili apparsi negli ultimi anni, uno su tutti Fallout 3 con cui Six-String Samurai condivide la fascinazione verso gli anni 50. Alla regia non saprei chi metterci, così su due piedi direi Tarantino,ma sarebbe un po’ banale. Per la sceneggiatura non avrei dubbi: il Joe Lansdale dei vecchi tempi, quello de La Notte del Drive In per intenderci.

giovedì 23 febbraio 2012

6 giorni sulla terra

Tante domande affollano la vostra mente in questo momento. Domande del tipo: Cos’è l’Anima? Siamo soli nell’Universo? Chi gliel’ha fatto al Cero di vedersi sto film? Partiamo dall’ultima.

Seconda Metà degli anni 90: Il Piccolo Cero ha due grandi passioni, i dinosauri e gli alieni, interessi che lo portano a divorare enormi quantitativi di libri illustrati sui primi e a collezionare e custodire gelosamente ogni articolo che trova sui secondi. Nel giro di qualche anno il Piccolo Cero ha costruito un nutrito archivio sulle attività aliene sulla terra affidandosi a fonti di indubbia autorità scientifica come Donna Moderna, Oggi e UFO Notiziario. Questo interesse (morboso a detta delle suore della scuola elementare) lo fa approdare alla fantascienza, filmica e cartacea, che sfama la sua sete di alieni e astronavi, così che l’interesse per gli UFO scema.

Ma come si sa, a volte ritornano, e oggi, il Cero ormai con qualche anno sulle spalle, scopre che stanno facendo sto film sugli alieni, per giunta un film italiano. Un film di fantascienza a basso budget, italiano, con gli alieni. Che vuoi di più?

Adesso che ho risposto alla prima domanda parliamo un pò del film. 6 Giorni sulla Terra, diretto da Varo Venturi, esplora la piaga sociale delle interferenze aliene, meglio note al grande pubblico come abduction o rapimenti alieni.

Qui una scioccante testimonianza


Come ci spiega il Profeta di Castelfidardo, è un problema serio, e guai a chiamare 6 Giorni sulla Terra film di Fantascienza, perché come ci spiega il regista sulla pagina di Facebook del film:

“questo è un film "realista", e ormai la gente, anche la meno informata, sente dentro di sè che c'è qualcosa che non va, e un film come questo gli potrebbe accendere una lampadina.. Diffondiamo la nostra energia a macchia d'olio, aiutiamo gli altri a capire che stiamo trattando LA VERITA', non fantascienza, semmai REALSCIENZA!!!”

Infatti Venturi si avvale della collaborazione del Professor Corrado Malanga, ricercatore dell’Università di Pisa noto per le sue teorie sui rapimenti alieni, e il film prende a piene mani dal lavoro del Prof.

Quindi non solo un film con gli alieni, ma un film che vuole rompere la congiura del silenzio sulle visite extraterrestri, un film che ha detta di Venturi ha dato fastidio a qualcuno in alto tanto da dare il via ad una violenta campagna di denigrazioni e sabotaggi.

Che poi Venturi non è neanche il primo a fare uscite del genere e a voler usare il cinema per fare luce sul mistero degli UFO. Già negli anni 70, gli anni ruggenti del cinema di genere, Mario Gariazzo ( Schiave Bianche Violenza in Amazzonia, L’Ossessa) aveva manifestato grande interesse per l’argomento alieni.

Tanto che in un intervista a Nocturno del 1996 dichiarava:

Sentite, non so se lo sapete ma io sono stato veramente un agente della NICAP e collaboratore della CIA, ora a distanza di anni posso dirlo perché ne sono uscito: sono venuto a conoscenza di documenti e informazioni segrete tali da poter affermare questo con cognizione di causa (che gli alieni siano malvagi, ndr) (…) ad ogni modo ho le prove concrete che questi esseri hanno aggredito delle persone … Pensate che alcune delle vittime testimoniano addirittura di aver avuto rapporti sessuali con gli alieni!”

Quest’ultimo sconvolgente tema è stato sviscerato da Gariazzo in Incontri molto … ravvicinati del quarto tipo.



Messo da parte tutto il baraccone/polverone (scegliete voi) sortogli intorno, 6 Giorni sulla Terra si rivela un film deludente.

Il protagonista Davide Piso (Massimo Poggio) è un professore universitario impegnato nello studio delle interferenze aliene tramite l’ipnosi regressiva degli addotti. Le sue ricerche lo hanno portato a scoprire il vero motivo dei rapimenti: gli alieni depositano le loro memorie nei corpi degli addotti che vengono usati come chiavette USB viventi. Quando il corpo dell’alieno muore, ne viene creato un altro in laboratorio in cui viene inserita la memoria di back-up: e ta-dan, l’alieno è come nuovo. E perché solo gli umani vengono usati come deposito? Perché gli umani sono l’unica razza dotata di quell’energia che chiamiamo Anima, di cui gli alieni hanno bisogno per sostentarsi e stanno tentando di rubarci tramite un programma di manipolazione genetica che va avanti dai tempi degli ominidi.

Immagino che siate un pò confusi. Lo ero pure io, perché tutte queste informazioni vengono sparate sullo spettatore nei primi quindici minuti di film in maniera tremendamente didascalica. Ecco il primo problema del film di Venturi è il costante info-dump che getta lo spettatore in un complesso e caotico universo che mescola scienza, teorie del complotto e religione. Un milieu che nelle mani di autori più consapevoli come Ken Russell ( Stati di Allucinazione), John Carpenter (Il Signore del Male) e perché no, pure Hideaki Anno (Neon Genesis Evangelion), ha sicuramente dato luogo a opere interessanti e intriganti, ma la sceneggiatura qui procede per accumulo di nuovi elementi e la vicenda risulta difficoltosa da seguire.

Torniamo a Davide Piso: le sue ricerche gli procurano ostilità da parte sia del mondo accademico, con la rettrice rompiballe, sia da parte degli ufologi stessi che lo ostracizzano. Ma un giorno Davide incontra Saturnia (Laura Glavan, scelta azzeccata, vale la visione del film) una ventenne che sostiene di essere stata rapita. Davide all’inizio è reticente ma Saturnia troieggia un po’ e lo convince a ipnotizzarla. Grave errore: Davide risveglia l’entità che dorme dentro Saturnia, Hexabor di Ur, che prende il controllo del corpo della giovinetta e la fa diventare pericolosa, così che Davide e i suoi collaboratori sono costretti a sedarla con eroina sintetica (“non ancora testata!” Si vanta l’assistente dopo averle scaricato un siringone in vena, alla faccia della prudenza!).

Davide decide di parlare ai genitori della giovine: i signori Gotha-Varano, oltre ad essere un pò contrariati ad affidare la figlia ad uno che gli somministra eroina come fosse la filtrofiore bonomelli, sono membri dell’Aristocrazia Nera,il ristretto gruppo di famiglie che controllano il mondo dall’alba dei tempi. Ah, e poi fanno Varano di cognome perché imparentati alla lontana con dei lucertoloni spaziali: Parenti serpenti, insomma. Che poi guarda caso appoggiano gli alieni nella loro macchinazione.

Davide è nei casini, i suoi collaboratori sono terrorizzati e la sera stessa uomini dei servizi segreti francesi (?) irrompono nel casale di Davide, decisi a riprendersi Saturnia (che verserà in stato semi-comatoso fino alla fine del film). I nostri eroi sembrano spacciati, ma vengono salvati in extremis da un agente segreto disertore.

In questo preciso momento ho sperato che il film decollasse, ma tempo di passare alla scena successiva e ho perso ogni speranza di prenderlo sul serio. Come ho già detto il film procede per accumulo, e non solo per quanto riguarda l’universo che gli fa da sfondo. Entrano in scena tanti, troppi personaggi, che non vengono sviluppati neppure il minimo sindacabile, di cui non si riesce a capire le motivazioni.

Venturi frulla dentro un pò di tutto, ma tutto sa di già visto: una sequenza di esorcismo standard, i raver-hacker ovvero i Johnny Mnemonic de Torpignattara, l’organizzazione segreta Kabala, talmente segreta che i membri vanno in giro in auto col simbolo sul parabrezza. Il militare dissidente. Butta un po di sesso (moscio) lì, un pò di azione (moscia) là. Certo c’è qualche momento di assoluto valore trash, come il prete eretico che riceve Piso mentre si sta facendo fare un bocchino da una suora.

Culmina tutto in un tecno-rituale travestito da rave, in cui tramite l’annullamento di una particolare frequenza, ( tre cifre, indovinate quali?) i nostri eroi riescono a distruggere Hexabor e a liberare l’anima di Saturnia, appena prima dell’arrivo delle forze di Kabala. Il film si conclude suggerendoci che lo scontro tra l’Aristocrazia Nera e gli alieni e la resistenza organizzata dai nostri è imminente.

Non riscatta il film nemmeno la regia, che quando va bene è anonima, quando va male rende incomprensibili le scene più concitate. Mettici pure una fotografia molto televisiva, iper-filtrata in post produzione che da all’ambiente un che di finto. E anche, i pochi, effetti in CGI non sono nulla di che.

Insomma, 6 Giorni sulla Terra è un occasione sprecata di fare finalmente un buon fantascientifico italiano. Alcune scusanti ci sono, come il budget irrisorio, ma non basta a giustificare una sceneggiatura tremenda e acerba. Non è un film nè divertente, nè interessante, nè originale.

Spero però che questa recensione abbia risposto ai vostri quesiti su anima e alieni. Me ne rimane uno però, come ha fatto una roba del genere a venire proiettata in un cinema?

TRAILER


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giovedì 29 dicembre 2011

Bilancio dell'anno cinematografico 2011


Si avvicina la fine dell’anno e come al solito è tempo di bilanci, nel caso di questo blog bilanci cinematografici. Devo ammettere che il 2011 è stata, almeno per me, un ottima annata per quanto riguarda le visioni, con molte scoperte, nuovi autori che dovrò approfondire. C’è anche un botto di roba da recuperare ( Faust, The Artist ma soprattutto Himizu di Sion Sono, e una montagnadi altra roba). Prendo come punto di riferimento la data di uscita italiana ma tanto per fare numero ci butto dentro anche qualcosa del tardo 2010 che ho recuperato nel corso dell’anno. Evviva l’accuratezza. Ma ora basta con le cazzate:

I Migliori

Drive di Nicolas Winding Refn: Confesso che ero andato in sala un po’ titubante. Di Refn avevo visto solo Valhallha Rising che nonostante alcune cose buone mi aveva lasciato un po’ l’amaro in bocca. Ma tempo di vedere la magnifica scena iniziale e mi ero già innamorato di questo film. Refn ha imparato bene la lezione di maestri come Leone, Peckinpah e Walter Hill e l’ha messa in pratica non prima di avervi aggiunto una forte componente personale. Il risultato è una storia contemporanea ma allo stesso tempo mitica, un film d’azione finalmente davvero intelligente, un gran pezzo di cinema come oggi lo fanno in pochi. Immenso.

La Pelle che Abito di Pedro Almodovar: Una trama del genere te l’aspetteresti da Cronenberg e invece te la trovi portata sullo schermo da Almodovar, in modo egregio. A tratti straniante, a tratti agghiacciante. Non per tutti.

Enter the Void di Gaspar Noè : Un film che nel suo caleidoscopio di immagini può procurare sintomi che vanno dalla cefalea all’epilessia. Però è anche un esperimento interessante e in larga parte riuscito. Noè racconta una storia di solitudine, materialismo e misticismo, disperazione e speranza, il tutto con una regia vertiginosa e colori tanto belli quanto inquietanti. Gli si riesce persino a perdonare qualche lungaggine e alcune cadute di stile.

Tropa de Elite 2 - O Inimigo Agora É Outro di Josè Padilha: Difficile fare meglio del primo, e infatti questo seguito non ne ha l’impatto emotivo devastante, ma Padilha sforna un noir solido e teso, portando i suoi personaggi dai vicoli delle favelas alle non meno pericolose stanze del potere. Averne di pellicole così.

Il Cigno Nero di Darren Aronofsky: Quinto posto con qualche riserva. Devo ancora capire se Aronofsky c’è o ci fa. Ha fatto un filmone come The Wrestler ma anche cosucce come Requiem for a Dream che hanno sia momenti altissimi che momenti imbarazzanti. Il Cigno Nero è un po’ così, ritrae in maniera vivida la discesa nella follia della protagonista ma nel finale si cade talvolta nel pacchiano( la Portman pennuta). Nonostante questo rimane una pellicola angosciante a tratti pure bellissima.

Così e così

The Tree of Life di Terrence Malick: Film ambizioso, come tutti quelli di Malick, regia sontuosa, quasi sperimentale, grande cast. Ci si emoziona, ma non scatta quella scintilla che te lo fa amare.

A Dangerous Method di David Cronenberg : Mi piace molto il nuovo corso iniziato nel cinema di Cronenberg, A History of Violence e La Promessa dell’Assassino sono tra i suoi film migliori. Quindi era lecito aspettarsi qualcosa di più da A Dangerous Method, che accusa troppo il peso della sua origine teatrale. Però è sempre Cronenberg.

Sorprese

Four Lions di Chris Morris: Non è facile fare una commedia demenziale su un tema che, nonostante gli anni, continua ad essere delicato come quello del terrorismo islamica. Invece Four Lions riesce a farlo con un humor a tratti nerissimo e una certa intelligenza.

Super 8 di J.J. Abrams: Qui siamo in piena zona nostalgia, ne consegue che il giudizio che si da su Super 8 sia inevitabilmente falsato dal proprio vissuto. Super 8 può essere uno normale film avventuroso che fa il verso a Spielberg, e forse lo è. Però se hai passato l’adolescenza guardando gli stessi film dei protagonisti, facendo le stesse cazzate, girando lo stesso cortometraggio sugli zombi diventa un normale film avventuroso ma con qualcosa in più.

L’Ultimo Terrestre di Gian Alfonso Pacinotti: Mai seguito molto il Gipi fumettista, nonostante ciò ho trovato L’Ultimo Terrestre imperfetto ma interessante. È un ritratto vivido della provincia toscana contemporanea, cattivo e dolce. È appunto imperfetto, spesso ingenuo ma comunque più interessante e vivo di molto cinema italiano contemporaneo.

Delusioni

Immortals di Tarsem Singh: Che succede se si mette l’estro visivo di Tarsem Singh al servizio di una storia scontata, prevedibile e fiacca? Un film scontato, prevedibile e fiacco con qualche guizzo visivo qua e la. Aggiungeteci un 3D che c’entra come i cavoli a merenda per azzerare anche quel poco di buono che c’era.

Machete di Robert Rodriguez: Questo non dovrebbe stare neppure tra le delusioni perché ho avuto esattamente ciò che mi aspettavo: un B-Movie di lusso che gira intorno a tre o quattro trovate, ai soliti cammei (Ancora Tom Savini? In motocicletta per giunta?) e alle solite citazioni. La formula Grindhouse insomma, che comincia a mostrare il fiato corto. Va bene giusto per impressionare la fidanzata, per tutti gli altri, correte a riguardarvi Riki-Oh: The Story of Ricky.

Scott Pilgrim Vs. The World di Edgar Wright: Vale lo stesso discorso che ho fatto per Super 8 sulla nostalgia. Anche qui ero ben predisposto: stesso humus culturale che il film omaggia (fumetti, videogiochi d’annata e cinema weird), mettici pure che ho apprezzato molto i due film precedenti di Wright. Ne esce fuori però una pellicola che sa di finto e costruito a tavolino, che difetta di quell’intelligenza dei film precedenti di Wright. Personaggi come Shaun, in cui, per quanto fossero tragicomici, riuscivi ad identificarti, vengono sostituiti dalle macchiette che popolano questo film, sbiadite fantasie adolescenziali, cool a tutti i costi. Non aiuta una trama troppo lineare e le poche trovate divertenti si perdono in un mare di mediocrità.